mercoledì 20 febbraio 2013

Il megafono/ Perché vado a votare e voto Pd

di Angelo Levati


In queste settimane di campagna elettorale mi capita spesso di incontrare persone che mi dicono che non andranno a votare. Certo, queste persone hanno ragioni da vendere davanti ad una situazione, a dir poco, drammatica, come l’attuale.
Siamo di fronte ad una crisi strutturale mai vista: mancanza di lavoro, disoccupazione alle stelle, mancanza di finanziamenti per i servizi pubblici e, ogni giorno, si scoprono vere e proprie ruberie da parte di amministratori e politici corrotti, ma anche amministratori e politici che si sono fatti prendere la mano e “si sono adeguati”, in più bombardamenti televisivi e mediatici fuori dal comune stanno facendo il resto. La guerra moderna si fa attraverso la televisione e la TV, se la si usa bene, è un servizio positivo, ma se se ne approfitta, diventa uno strumento diabolico fatto apposta per confondere le persone che non hanno strumenti di autodifesa se non quel briciolo di buon senso e cultura personale.

Ma qual’è il punto? “Non voglio più votare perché sono tutti ladri e imbroglioni, ci raccontano frottole e ci fanno credere di essere i nostri benefattori”. Attualmente ci troviamo nel classico periodo delle “vacche magre” e quando mancano i soldi e manca il lavoro per acquisire una certa dignità, saltano tutti gli equilibri personali e familiari. Un appello quindi a tutti perché, pur in questo momento difficile, decidano di andare a votare: persone sagge e intelligenti li troviamo in tutti gli schieramenti politici.
Del resto, per quanti decenni (diciamo così) ci è andata bene!
Negli anni ’50 abbiamo ripreso la costruzione dell’Italia del dopoguerra;
negli anni ’60 sono state decise le riforme del lavoro, delle pensioni e quelle sanitarie che hanno favorito la costruzione di una società moderna;
negli anni ’70 e ’80 abbiamo continuato, pur con difficoltà, su questa strada;
negli anni ’90 e 2000, arricchiti economicamente, abbiamo perso il senso della misura e abbiamo incominciato a farci gli affari nostri e lasciare che i politici facessero i loro interessi e non siamo intervenuti perché troppo impegnati nelle nostre cose. Abbiamo abbandonato una visione solidaristica della vita e la partecipazione alla gestione della cosa pubblica perché “la politica è una cosa sporca”.
Invece per salvare la nostra società, dovremmo invertire la rotta: fermarci, riflettere e decidere di partecipare alla gestione della cosa pubblica con controlli personali e associativi, nel fare proposte per non lasciare soli i politici. Ricordando che, se oggi abbiamo pensioni adeguate, è grazie ai sindacati che, allora erano uniti e che, negli anni ’60, hanno fatto battaglie in tal senso, nonostante i pesanti giudizi che tutt’ora vengono espressi su quegli anni ‘60; se oggi abbiamo un servizio sanitario nazionale è perché allora ci furono politici illuminati. E’ troppo comodo in momenti di crisi prendersela con i sindacati, che pur devono fare molti “mea culpa”, prendersela con i partiti, che anche loro si devono “convertire”.
Incominciamo pertanto “tutti insieme” un viaggio a ritroso, decidendo in primo luogo di andare a votare perché è un “dovere civico” e non, come si usa dire,”turandosi il naso” e continuare sulla strada della responsabilità, perché la democrazia è anche frutto dell’apporto di ogni singolo cittadino.

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